La
seguente intervista è comparsa sulla rivista «Animage», n.272, Febbraio
2001, pp.184-185.
La
traduzione è stata realizzata da Yupa nei giorni 18 e 19 Agosto 2003, senza
fine di lucro, con l'unico scopo di divulgare informazioni in lingua italiana
sull'animazione giapponese, altrimenti irraggiungibili.
Dizionarî
adoperati:
-
AA.VV., Dizionario Shogakukan Giapponese-Italiano, 1994, Shogakukan,
Tōkyō.
- Nelson, Andrew Nathaniel, The modern Reader's Japanese-English
Character Dictionary – second revised edition, 1974, Tuttle Language
Library, Rutland-Tōkyō
- AA.VV., Reigai shin kokugo jiten, 1993 (quarta edizione),
Sanseidō, Tōkyō
-
Matsumura Akira (a cura di), Daijirin, 1995 (seconda edizione),
Sanseidō, Tōkyō
Tutti
gli errori e le omissioni, nonché le note contenute tra parentesi quadrate,
sono da addebitarsi al traduttore. In caso di citazione si prega di non
alterare il contenuto.
L'ordine
cognome-nome rispetta l'originale giapponese e non è ribaltato come invece
avviene di consueto (quindi Oshii Mamoru e non Mamoru Oshii)
AVALON
"Tutto il cinema diventerà animazione" (Oshii Mamoru)
Un film costruito come l'animazione, dove le immagini
dal vero sono state manipolate sfruttando le più avanzate tecnologie digitali. Avalon,
l'ultimo lungometraggio di Oshii Mamoru non è un film d'animazione, non è un
film dal vero: è qualcosa di assolutamente nuovo. Il regista ci parlerà dei
metodi con cui ha creato questo misterioso film.
La
storia si svolge in un oscuro prossimo futuro, dove i giovani impazziscono per
un gioco di guerra virtuale chiamato "Avalon", un gioco pericoloso che a volte
genera persino le sue vittime, chiamate "lost". Ma è proprio il rischio di
"Avalon" a dare ai giovani esaltazione e profitto.
La protagonista
è una guerriera solitaria, che i fanatici di "Avalon" conoscono con il nome di
Ash; la quale un giorno scopre l'esistenza di un livello segreto all'interno
del gioco, un luogo al di là della classe A, l'ultimo livello: un luogo
chiamato classe SA. Scopriamo poi che Murphy, il leader del team
di cui un tempo entrambi facevano parte, è diventato un "lost" dopo essere
penetrato nella classe SA. È così che Ash, sempre solitaria, comincia così a
indagare su questo livello...
Avalon,
l'ultimo lungometraggio dovuto alla regia di Oshii Mamoru, che parla di giochi
virtuali, è un film che produce singolari sensazioni.
Innanzi
tutto le sue immagini superano gli steccati tra cinema dal vero e animazione.
Il filmato girato dal vero è stato liberamente manipolato grazie alle più
avanzate tecniche digitali e sullo schermo ne vediamo i risultati. Si potrebbe
dire si tratti di animazione prodotta usando come base delle riprese su
pellicola. Poi, le riprese sono state effettuate in Polonia, usando attori del
luogo. Anche se girato da un regista giapponese, è stata usata unicamente la
lingua polacca, cui si sono poi aggiunti i sottotitoli giapponesi.
Quali
motivi hanno spinto Oshii, proprio adesso, a scegliere questi metodi?
"Entro
un'orizzonte digitale, tutto il cinema diventerà animazione": prendiamo come
punto di partenza queste sue parole per dare l'attacco ai metodi con cui è
stato creato del misterioso Avalon.
Qual
è la differenza fondamentale tra animazione e cinema dal vero?
In quale momento si è per la prima volta reso conto che
tutto il cinema diventerà animazione?
È stato immediatamente dopo la fine di Kōkaku kidōtai,
penso [Kōkaku kidōtai, meglio conosciuto dal pubblico occidentale come Ghost
in the shell, è stato projettato nei cinema giapponesi nel 1995 n.d.t.]
Me ne sono resto conto all'improvviso, durante una discussione con il critico
Ueno Toshiya. Si pensa che il cinema dal vero sia fatto di immagini dotate di
una loro base di cui l'animazione è invece priva, ma, alla fine dei conti,
anche la base del cinema dal vero è una finzione: animazione e cinema dal vero
sono la stessa cosa dal momento che la pellicola può essere manipolata quante
volte si vuole tramite le tecniche digitali. Perché quindi non girare cinema
dal vero con gli stessi metodi usati in animazione?
Non pensava ancora in questo modo ai tempi di Kōkaku
kidōtai?
A quel tempo pensavo che l'animazione dovesse diventare
come il cinema, che anche con l'animazione fosse possibile costruire un mondo
reale. Un'idea che si è poi completamente rovesciata: il cinema è animazione.
Scrivere "cinema" ma leggere "animazione": credo sia questa la sfumatura più
vicina a ciò che ora penso.
Sicuramente, guardando il cinema dal vero realizzato
dopo Kōkaku kidōtai, si può dire che si sia avvicinato all'animazione.
Abbiamo visto una serie continua di film dal vero che
sembravano d'animazione: Jurassic Park, Matrix e così via. Quando
guardo film come questi capisco che quei metodi di regia che si pensava fossero
essenziali all'animazione non sono più un suo patrimonio esclusivo. Si dice che
scene assurde come una bicicletta che supera uno shinkansen [treno
superveloce giapponese n.d.t.] siano proprie dell'animazione, ma ormai
si possono realizzare anche nel cinema dal vero. Cambiare la forma alla
materia, dare un aspetti antropomorfi agli animali, tutto è diventato
possibile. E quindi sorge il dubbio: qual è l'essenza dell'animazione, e quale
quella del cinema dal vero?
Dall'altra parte, anche nell'animazione, si stanno
realizzando molte opere che cercano il realismo.
Cinema dal vero e animazione stanno invadendo i rispettivi
territorî. Mentre nell'animazione sta penetrando il realismo, nel cinema dal
vero penetra una regia come quella dell'animazione. Perché i giovani hanno recepito
meglio Matrix di Star Wars – Episode I? Perché Matrix è
essenzialmente più nuovo, in Matrix, come nell'animazione, c'è un
controllo sul tempo. In questo senso, forse, ora come ora, non ha più
significato nemmeno chiedersi cosa sia cinema dal vero e cosa sia animazione.
In altri termini, la cosa più semplice è considerare tutto animazione. Una
volta che la pellicola ha catturato il movimento e su di essa vi compaiono
personaggi che solo in quel mondo hanno una loro esistenza, tutto diventa
cinema: che siano stati ripresi dei disegni o che degli attori, è la stessa
cosa. Questo è il concetto finale di cinema, per come io riesco a intenderlo
ora. Esiste forse un modo più semplice per definirlo?
Come mai, su queste basi, ha scelto di girare Avalon
dal vero?
Perché i personaggi del cinema d'animazione non mi
soddisfano. Nell'animazione i personaggi esigono un lungo processo di
costruzione: li si disegna, si assegna loro una voce tramite i doppiatori, e
poi li si fa seguire da una musica, e così, finalmente, ottengono un loro status
d'esistenza come persone che vivono in quel mondo. È grazie agli artifici dei
registi che, finalmente, ottengono una loro espressività. Qualche che nel
cinema dal vero, paff!, arriva in un istante. È questa forza che il cinema dal
vero possiede, una forza che non causa alcun problema. Ad esempio Kusanagi
Motoko, in Kōkaku kidōtai, ha bisogno di diversi registi per trasmettere
il senso della sua presenza, mentre ad Ash, nel cinema dal vero, basta
l'istante in cui apre gli occhi. Dall'altra parte nel cinema dal vero, scene
d'azione in cui si vola e salta non si possono disegnare come nell'animazione,
nemmeno con l'ajuto del digitale.
Quindi è il senso di presenza dei personaggi la forza
del cinema dal vero, assente in quello d'animazione?
Certo. E poi c'è l'imprevedibilità. Il cinema dal vero ha
il potere dell'immediatezza, le sue immagini vanno sempre al di là delle mie
aspettative. Questo perché sul set accadono cose diverse ogni giorno, creando
una tensione simile indubbiamente piacevole. Mentre l'animazione è certo un
sistema eccellente, dotato di una razionalità sistematica, ma dove spesso ci si
sente stretti. Se non si trovano delle distrazioni il rischio è quello di
annojarsi del film che si sta facendo, di disaffezionarcisi.
È per questo che lei, sino a ora, ha girato sia film
d'animazione che film dal vero?
Fino ad adesso sono andato e venuto tra animazione e cinema
dal vero, ma nel realizzare Avalon credo di essere riuscito a ottenere
il meglio da entrambi. Per me Avalon non è il mio "film dal vero"
successivo a Talking Head, ma, semplicemente, il mio"film" successivo a Kōkaku
kidōtai. [Talking head, del 1992, è il terzo e ultimo lungometraggio
non d'animazione realizzato da Oshii Mamoru n.d.t.]
Avalon
ha aperto il vaso di Pandora
Per quale ragione ha adoperato degli attori polacchi?
Semplicemente, era da tanto che desideravo che i miei
personaggi parlassero una lingua straniera, cui venissero aggiunti i
sottotitoli in giapponese. Così, quando pensai a quale lingua scegliere, considerai
che l'inglese sarebbe stato troppo comprensibile, il francese troppo dolce... e perché
non usare il polacco? Mi piace il cinema polacco, probabilmente perché mi piace
la sensazione che viene dalla sua lingua. Per quanto riguarda l'uso di attori
polacchi... non è altro che uno di quei livelli di finzione di cui il film parla,
e uno di quelli più chiari, non si tratta poi di chissà quale ritrovato.
Fondamentalmente, la domanda era se in questo film volessimo vedere attori
giapponesi, cui far recitare scene d'azione in fabbriche abbandonate del
Giappone. Inoltre, tra le attrici giapponesi, non ce ne sono che potessero
interpretare Ash.
Ciò nonostante, sono state manipolate persino le
espressioni degli attori tramite tecniche digitali. Una scelta coraggiosa,
considerando come sino ad ora sono stati realizzati i film dal vero. C'è da
stupirsi che il digitale sia arrivato così in là.
Abbiamo copiate delle espressioni degli attori per incollarle
su scene diverse, oppure abbiamo cambiati dei movimenti lavorando sul tempo. Come
risultato ho compreso che questo tipo di lavoro è tale e quale il disegno nell'animazione,
dove i disegni che compajono su schermo li realizzi tutti tu, e quindi tu e il
disegno siete la stessa cosa. Ciò che appare su schermo è il risultato
unicamente delle tue immagini. E anche il cinema dal vero, grazie alle tecniche
digitali, vi si sta avvicinando. È così che in un film la capacità espressiva
del regista sta diventando sempre più importante; il regista deve farsi carico
dell'intera opera, in senso letterale. Se proprio devo dirlo, forse,
attualmente, c'è da chiedersi se possa davvero fare il regista chi non se la
sentisse di affrontare ciò! ^_^
Intende dire che con le tecniche digitali è diventato
possibile controllare anche le casualità nella recitazione degli attori o nelle
condizioni dei set, e in tal senso si fa più pesante la responsabilità
del regista?
A quanto pare stanno un po' alla volta sparendo le vie di
fuga del regista! ^_^ Sembra che le tecniche che verranno abbiano scoperchiato
le pentole dell'Inferno, abbiano aperto il vaso di Pandora. L'importante è che
sul fondo ci rimanga la speranza, però.
È quindi necessario un cambiamento nel modo di pensare,
per considerare anche gli attori come degli strumenti?
È da molto tempo che la penso così. Forse gli attori pensano
tante cose e credono di essere loro a creare la propria interpretazione, ma ciò
che viene impresso sulla pellicola è tutta superficie, è soltanto superficie.
Il regista, una volta che la pellicola è pronta deve pensare unicamente in
termini di ciò che si vede, al di là di quello che l'attore ha pensato o ha
espresso. È questa la differenza tra cinema e teatro. Il teatro appartiene
all'attore, e quando si alza il sipario non ne vedremo mai uscire il regista.
Ma il cinema appartiene allo staff, e in primis al regista. Si
scelgono i tagli durante le riprese, si lavora sul montaggio anche una volta
che la pellicola è pronta: gli attori non possono avere alcuna responsabilità
sulla propria interpretazione.
Sta dicendo che è naturale che le immagini del regista
abbiano la priorità sulle idee e l'interpretazione degli attori?
È inevitabile che a volte, probabilmente, delle buone
recitazioni siano tagliate in fase di montaggio. In questi casi persino uno
come me, che non si fa certo problemi, ne soffre un po'. Ma in un film tutti,
al di fuori del regista, interpretano unicamente quella che è la superficie. È
così che funzionano le cose. È per questo che un regista deve saper giudicare
freddamente e deve saper mantenere una certa distanza dagli attori. E
probabilmente, con lo sviluppo delle tecniche digitali, tutto questo subirà
un'accelerazione. Chi non riuscirà a sopportarlo, è meglio che rinunci a voler
recitare nel cinema. Ci sono altri posti dove l'attore è signore e padrone,
come il teatro.
Nel cinema del futuro l'interpretazione degli attori
deciderà sempre meno la qualità del risultato?
Penso di sì. E probabilmente spariranno commenti critici
come: "L'eroina di questo film ha una splendida interpretazione", o "si
immedesima nel personaggio". È per questo che ho sempre preferito non far mai
comparire nei titoli di testa i nomi degli attori. Il film è comunque qualcosa
realizzato dal regista, dalla musica, dal montaggio, dalle ambientazioni,
qualcosa creato da uno staff. Anche se forse per è colpa del cinema
d'animazione dove ho lavorato che la penso così: l'animazione viene disegnata
da uno staff come qualcosa di fittizio. La penso così, ma non ho affatto
intenzione di cambiare anche quando faccio cinema dal vero.
Un'ultima domanda veloce: quale sarà la sua prossima
opera, dopo Avalon?
Fare qualcosa d'animazione. Voglio creare qualcosa che sia
la controparte di Avalon. Credo che, probabilmente, potrà essere visto
entro due anni.
Lo aspetteremo, chiedendoci quale animazione mai nascerà
dopo Avalon, che ha trasformato il modo di fare cinema sfruttando
appieno il digitale.