Fuggire dalla realtà può anche essere utile per la
formazione dell'individuo
Personalmente non ho mai avuto una grande fiducia nelle
esperienze reali. In particolare, sento persino qualcosa di equivoco nell'idea
secondo cui il primato spetta alle esperienze reali, secondo cui, nella
formazione della personalità dei ragazzi (compresi anche quelli delle scuole
medie e superiori) più che le cosiddette esperienze fittizie di televisione, fumetti
e videogiochi, il vero valore sta nelle esperienze vissute, uscire all'aperto,
salire sugli alberi, sbucciarsi le ginocchia e così via. Nel mondo così come se
lo rappresentano i ragazzi la divisione tra fantasia e realtà è labile, e
allora io penso che ciò che in quel mondo vivono, quello della fantasia, porti un
dolore identico a quello delle esperienze reali.
A dire il vero gran parte della mia attuale visione di base
del mondo e dell'uomo è stata coltivata nell'intensa lettura di romanzi di
fantascienza che facevo ai tempi delle medie e delle superiori.
Durante le scuole superiori volevo diventare scrittore di
fantascienza, e anche se, generalmente, non degnavo di un solo sguardo le
cosiddette opere letterarie, comunque leggevo senza interruzione romanzi di
fantascienza. E intanto mi occupavo anche in attività più o meno definibili
come "movimento studentesco". I miei compagni mi giudicavano strano,
ma le due cose non erano in contraddizione, se considerate dal punto di vista del
come fuggire da una quotidianità intollerabile.
Non c'è molta differenza con chi oggi si dà alla droga,
diventa un teppista o si rifugia in un branco girando per i centri commerciali.
A quel tempo quel che c'era era solo l'attività politica, tutto qui. Quindi avevo
anche provato a leggere due o tre cose di Marx, scelsi apposta le più
superficiali, ma appena cominciavo mi veniva da dormire. Non sono nemmeno mai
andato alle riunioni per l'apprendimento della dottrina. Da questo punto di
vista, con la fantascienza, mi ci potevo immergere, mi ci stordivo, riuscendo a
dimenticare totalmente la realtà.
Anche il cinema, ne era l'estensione. Andavo al cinema
perché non c'era altro posto in cui volessi andare. Ovviamente per il cinema
non avevo alcun interesse da studioso e alla fine i film che guardavo erano film
dozzinali.
Dalle elementari alle medie comprese, avevo letto solamente
storie di viaggi. Sì, mi piacevano davvero molto, ne leggevo intere raccolte,
una dopo l'altra. Anche questo, pensandoci ora, credo fosse una fuga dalla
realtà.
Alla fine fui completamente risucchiato dal cinema
d'animazione. Ma non l'ho sentita come una sofferenza eccessiva, perché ho
potuto mangiare continuando a intessere fantasia. A volte c'erano delle
scadenze rigide, finivo per crollare dal sonno, ma non ho mai accumulato troppo
stress. In particolare, adoravo fare gli storyboard. Era il
lavoro più bello che potesse esserci, perché mi permetteva di rifletterci tutte
le fantasie che mi saltavano in mente.
Con il cinema dal vero, invece, un mondo che si basa sui
rapporti umani, non mi ci trovo. Quando ero studente ho girato qualche film ma
erano sempre film che, per farli, riducevano al minimo i rapporti umani. Li
costruivo unendo serie di immagini fisse, riprendevo alberi, specchî
d'acqua... avrei voluto riprendere anche esseri umani, ma non riuscivo a farlo,
non mi piaceva averci a che fare. Be', tutto quello che son riuscito a fare è
stato riprendere una ragazza che mi piaceva, con qualche opportuna bugia. ^_^
Alla fine, quello che stava sempre alla radice era un senso
di pericolo nei confronti della realtà... detto in breve, si trattava di fughe
dalla realtà. È sempre stato il mio desiderio, quello di perdere i contatti con
la realtà, di vivere in una fantasia. Certo, intanto, nella mia vita reale, mi
sono successe diverse cose, ma queste esperienze non hanno mai determinato
nulla del mio modo di vivere.
Piuttosto, molto l'ho imparato dai romanzi di fantascienza,
compresa anche la tendenza al pessimismo. C'è chi dice che la fantascienza,
alla fine, è fantascienza e non letteratura, ma io, da ragazzo, la leggevo come
si legge Herman Hesse. Nei grandi romanzi della fantascienza, di Bradbury o
Heinlein, io, come esperienza fittizia, ho anche incontrato delle ragazze, ho
conosciuto l'amore. E ho imparato persino quasi delle regole per l'esistenza:
come trattare con le persone più anziane, come sopportare di vivere in certi
posti... E, soprattutto, ancora oggi i film li creo sulla base delle esperienze
fittizie accumulate a quel tempo.
Quel che voglio dire è che, se le esperienze reali
costruiscono gli individui, questo lo fa anche proprio la fantasia. E nello
stesso senso, un eventuale rapporto di causa-effetto tra quello che io creo e
le esperienze della mia vita reale, è prossimo a zero. Critici e giornalisti
vogliono sempre cercare una successione tra una sorta di "esperienza
originaria" dell'autore e le sue opere ma io vorrei si riconoscesse che,
per quanto mi riguarda, è una ricerca priva di senso.