Il seguente articolo è tratto da: Oshii Mamoru, Kore ga boku no kaitō de aru 1995-2004, Tōkyō: Infobān, 2004, pp.192-195; già comparso sulla rivista mensile Saizō, numero di settembre 2002.
Traduzione dal giapponese realizzata da Yupa il 23 Ottobre 2004, rivista e corretta il 24 ottobre 2004, senza alcun fine di lucro, con l'unico scopo di divulgare informazioni in lingua italiana sull'animazione giapponese, altrimenti irraggiungibili.
L'ordine cognome-nome rispetta l'originale giapponese e non è ribaltato come invece avviene di consueto (quindi Oshii Mamoru e non Mamoru Oshii).
Tutti gli errori e le omissioni, nonché le note contenute tra parentesi quadrate, sono da addebitarsi al traduttore.
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Fuggire dalla realtà può anche essere utile per la formazione dell'individuo

 
Personalmente non ho mai avuto una grande fiducia nelle esperienze reali. In particolare, sento persino qualcosa di equivoco nell'idea secondo cui il primato spetta alle esperienze reali, secondo cui, nella formazione della personalità dei ragazzi (compresi anche quelli delle scuole medie e superiori) più che le cosiddette esperienze fittizie di televisione, fumetti e videogiochi, il vero valore sta nelle esperienze vissute, uscire all'aperto, salire sugli alberi, sbucciarsi le ginocchia e così via. Nel mondo così come se lo rappresentano i ragazzi la divisione tra fantasia e realtà è labile, e allora io penso che ciò che in quel mondo vivono, quello della fantasia, porti un dolore identico a quello delle esperienze reali.
A dire il vero gran parte della mia attuale visione di base del mondo e dell'uomo è stata coltivata nell'intensa lettura di romanzi di fantascienza che facevo ai tempi delle medie e delle superiori.
Durante le scuole superiori volevo diventare scrittore di fantascienza, e anche se, generalmente, non degnavo di un solo sguardo le cosiddette opere letterarie, comunque leggevo senza interruzione romanzi di fantascienza. E intanto mi occupavo anche in attività più o meno definibili come "movimento studentesco". I miei compagni mi giudicavano strano, ma le due cose non erano in contraddizione, se considerate dal punto di vista del come fuggire da una quotidianità intollerabile.
Non c'è molta differenza con chi oggi si dà alla droga, diventa un teppista o si rifugia in un branco girando per i centri commerciali. A quel tempo quel che c'era era solo l'attività politica, tutto qui. Quindi avevo anche provato a leggere due o tre cose di Marx, scelsi apposta le più superficiali, ma appena cominciavo mi veniva da dormire. Non sono nemmeno mai andato alle riunioni per l'apprendimento della dottrina. Da questo punto di vista, con la fantascienza, mi ci potevo immergere, mi ci stordivo, riuscendo a dimenticare totalmente la realtà.
Anche il cinema, ne era l'estensione. Andavo al cinema perché non c'era altro posto in cui volessi andare. Ovviamente per il cinema non avevo alcun interesse da studioso e alla fine i film che guardavo erano film dozzinali.
Dalle elementari alle medie comprese, avevo letto solamente storie di viaggi. Sì, mi piacevano davvero molto, ne leggevo intere raccolte, una dopo l'altra. Anche questo, pensandoci ora, credo fosse una fuga dalla realtà.
Alla fine fui completamente risucchiato dal cinema d'animazione. Ma non l'ho sentita come una sofferenza eccessiva, perché ho potuto mangiare continuando a intessere fantasia. A volte c'erano delle scadenze rigide, finivo per crollare dal sonno, ma non ho mai accumulato troppo stress. In particolare, adoravo fare gli storyboard. Era il lavoro più bello che potesse esserci, perché mi permetteva di rifletterci tutte le fantasie che mi saltavano in mente.
Con il cinema dal vero, invece, un mondo che si basa sui rapporti umani, non mi ci trovo. Quando ero studente ho girato qualche film ma erano sempre film che, per farli, riducevano al minimo i rapporti umani. Li costruivo unendo serie di  immagini fisse, riprendevo alberi, specchî d'acqua... avrei voluto riprendere anche esseri umani, ma non riuscivo a farlo, non mi piaceva averci a che fare. Be', tutto quello che son riuscito a fare è stato riprendere una ragazza che mi piaceva, con qualche opportuna bugia. ^_^
Alla fine, quello che stava sempre alla radice era un senso di pericolo nei confronti della realtà... detto in breve, si trattava di fughe dalla realtà. È sempre stato il mio desiderio, quello di perdere i contatti con la realtà, di vivere in una fantasia. Certo, intanto, nella mia vita reale, mi sono successe diverse cose, ma queste esperienze non hanno mai determinato nulla del mio modo di vivere.
Piuttosto, molto l'ho imparato dai romanzi di fantascienza, compresa anche la tendenza al pessimismo. C'è chi dice che la fantascienza, alla fine, è fantascienza e non letteratura, ma io, da ragazzo, la leggevo come si legge Herman Hesse. Nei grandi romanzi della fantascienza, di Bradbury o Heinlein, io, come esperienza fittizia, ho anche incontrato delle ragazze, ho conosciuto l'amore. E ho imparato persino quasi delle regole per l'esistenza: come trattare con le persone più anziane, come sopportare di vivere in certi posti... E, soprattutto, ancora oggi i film li creo sulla base delle esperienze fittizie accumulate a quel tempo.
Quel che voglio dire è che, se le esperienze reali costruiscono gli individui, questo lo fa anche proprio la fantasia. E nello stesso senso, un eventuale rapporto di causa-effetto tra quello che io creo e le esperienze della mia vita reale, è prossimo a zero. Critici e giornalisti vogliono sempre cercare una successione tra una sorta di "esperienza originaria" dell'autore e le sue opere ma io vorrei si riconoscesse che, per quanto mi riguarda, è una ricerca priva di senso.