Intervista a Suzuki Toshio
Due o tre cose sul mio amico Oshii Mamoru.
(Intervistatore:
Uekusa Nobukazu)
L'ambiente
in cui nacque Tenshi no tamago
Potrebbe cominciare a parlare dal suo incontro con
Oshii?
Lavoravo come redattore per la rivista Animēju ed ero
quindi andato allo studio di Urusei yatsura, il cui regista era Oshii, a
raccogliere del materiale per un servizio, e questa fu la prima volta che lo
vidi. Nel mentre che parlavamo pensai fosse interessante, come persona.
Cos'è che le sembrava interessante?
Aveva una voce tanto bassa che si faceva fatica a seguire i
suoi ragionamenti, e per di più parlava continuamente, come una mitragliatrice;
poi aveva ben chiare le tematiche che desiderava portare avanti. Pensai che fosse
il tipico regista cinematografico. E che avrei cercato di nominarlo con sempre
più frequenza sulla rivista, e di sostenerlo, se avesse fatto un film. In
seguito creai un'occasione per farlo incontrare con Miyazaki, sperando che
questo si riflettesse anche in qualche spazio sulla rivista. In seguito,
infatti, si concretizzò con una serie di interviste doppie.
Oshii ha realizzato una pellicola per la Tokuma Shoten,
vero? [La Tokuma Shoten è la casa editrice della rivista Animēju, per
cui al tempo lavorava Suzuki; n.d.t.]
Sì, Tenshi no tamago [criptico lungometraggio
realizzato per il mercato dello home video nel 1985, ancora inedito in
italiano; n.d.t.]. Fu Kameyama, che allora lavorava per Animēju, a
collaborare con me per procurare il posto in cui fare il film. Poi ci sono due
viaggi che ho fatto in Europa, con Oshii e Miyazaki. Ecco, la nostra
frequentazione è tutta qui, ma per me Oshii rimane un amico importante.
Tenshi no tamago, anche visto con gli occhi di oggi, è un'opera
ostica, eppure la direzione della Tokuma approvò facilmente il progetto.
Oshii ebbe la possibilità di illustrare personalmente Tenshi
no tamago alla direzione della Tokuma. Non si fece mettere in soggezione,
e, come sempre, dispiegò senza timore tutti i suoi ragionamenti. I suoi
interlocutori ne rimasero ammirati. Dopotutto una casa editrice, per sua
natura, mostra interesse verso quello che un autore è.
Certamente.
Inoltre, a quei tempi, la Tokuma si stava aprendo verso il mediamix,
ed era il momento adatto per affrontare con decisione la sfida, oltre che con
l'editoria su carta, anche coi nuovi media dell'immagine e della musica. Poi
c'era il formato dell'OVA, qualcosa di assolutamente nuovo, che stava ottenendo
la sua popolarità, anche se effimera, per il quale c'era bisogno di nuove opere
e nuove forme espressive. Il movimento dell'epoca e quello delle persone si unirono,
e così nacque Tenshi no tamago.
In ogni caso Tenshi no tamago è diventato un titolo importante,
che ha stabilito il successivo modo di porsi di Oshii. Sarà anche perché ci ho avuto
a che fare, ma io lo sento ancora come uno strascico. Nel senso che mi chiedo se
sia stato davvero un bene, farlo. Il fatto è che Oshii, di per sé, sarebbe in grado
di creare opere d'animazione d'intrattenimento rivolte a un grande pubblico, e in
effetti, è quello con la serie televisiva di Urusei yatsura aveva fatto.
Ma con Tenshi no tamago questo è cambiato. Si può dire, certo, che è stato
il suo debutto come autore, ma dal punto di vista di chi, come me, gli ha spianato
la strada per realizzare l'OVA, c'è da chiedersi se alla fine non abbia ristretto
il campo di quel che ha fatto in seguito... È un dubbio che mi rimane ancora adesso,
è un po' una sorta di pentimento.
Si chiede come mai non sia riuscito a realizzare qualcosa
più d'intrattenimento?
Pensandoci a posteriori, è così. All'inizio penso che anche
Oshii pensasse di fare qualcosa di più leggero. Ma l'illustratore che collaborava
alla produzione, Amano Yoshitaka, aveva realizzato quei suoi disegni, quei personaggi
così realistici, facendo così cambiare tutta l'impostazione. Be', queste sono comunque
cose che si accompagnano sempre alla produzione di un'opera.
In un certo senso si tratta comunque di un film straordinario.
Quello che mi ha stupito di Tenshi no tamago è che, anche
se ci sono un ragazzo e una ragazzina, non c'è comunque nemmeno un grammo di sensualità.
L'intenzione è quella di costruire una relazione tra i due sessi escludendo qualunque
erotismo, e questa credo sia una delle grandi caratteristiche dell'opera di Oshii.
Il risultato è una sorta di "violenza" per cui, tramite un medium basato
sull'immagini che, per sua natura, tende all'asistematicità, alla concretezza e
all'emotività viene realizzato qualcosa di sistematico, di astratto e di teorico.
Che, alla fine, l'erotismo venga eliminato, è forse del tutto ovvio...
Come responsabile dello Studio Ghibli lei ha fatto da produttore
per Miyazaki e Takahata. In cosa differiscono da Oshii?
Per gli autori vale il detto tot capita tot sententia,
è naturale che ce ne siano di diversi tipi, ed è quindi altrettanto naturale anche
che Miyazaki e Oshii siano diversi. In origine io ero un redattore di rivista, e
mi trovavo quindi in una situazione in cui mi poteva relativamente andare bene qualunque
cosa. Quindi, quando si trattò di fare Tenshi no tamago in un formato del
tutto nuovo, l'OVA, avevo la forte convinzione che ci si poteva buttare in questa
avventura. Detto in termini semplici, successivamente alla nouvelle vague
era nata la tendenza per cui chi, sino a quel momento, aveva provato a fondere il
cinema d'intrattenimento con quello d'autore, si sentiva in grado di creare liberamente
film d'autore. Io lavorai a Tenshi no tamago con l'idea che fosse possibile
fare lo stesso anche in animazione. Poi, in seguito, cambiai di nuovo idea. Personalmente
apprezzo il cinema che precede al nouvelle vague. Per quanto riguarda Oshii
riconosco l'artisticità di un'opera come Tenshi no tamago, ma mi chiedo se
non sia il caso che crei anche film in grado di soddisfare le esigenze sia della
spettacolarità e del grande pubblico, sia dell'artisticità e dell'approfondimento
sociale. Anche perché, dopotutto, il talento lo possiede.
Rabbia
per il talento inutilizzato
Che ne pensa di Kōkaku kidōtai, da questo punto di
vista? [Kōkaku kidōtai, meglio noto fuori del Giappone con il titolo di Ghost
in the Shell, è un lungometraggio di Oshii del 1995; n.d.t.]
Credo che non soddisfi le esigenze del grande pubblico. Quando
si fa un film del genere si deve mettere in scena un mondo in cui si crede. E io,
il mondo di quel film, lo vedo soltanto come un gioco. Bambini che nascono dall'amore
tra le reti e i computer, si può pensarla come si vuole ma è e rimane una specie
di gioco. Immagino che Oshii saprebbe tirare fuori i suoi soliti lunghi discorsi
sulla "rinascita della narrazione" e così via... Certo, se lui desse forma a una società
simile credendo veramente che in futuro potrà realizzarsi, in tal caso io sarei
dalla sua parte, ma con Kōkaku kidōtai non è così. È per questo che non mi
è sembrato un buon film. Anche nel caso di Patoreibā, anche quando veniva
distrutta Tōkyō, venivano distrutti soltanto i ponti e poi tutto andava avanti tralasciando
i punti nevralgici [Patoreibā, noto fuori del Giappone col titolo di Patlabor,
è un progetto multimediale conosciuto soprattutto per il fumetto, le serie home
video e televisive, e i tre lungometraggi attualmente realizzati, di cui i primi
due per regia di Oshii Mamoru. Suzuki si riferisce al secondo, del 1993; n.d.t.].
Io vorrei che una volta Oshii mettesse in scena come si deve un mondo in cui crede.
Oshii ha visto una quantità incredibile di film d'intrattenimento, e ha anche delle
sue opinioni molto decise in merito. Però tutto ciò rimane inutilizzato, e questo
mi fa rabbia. Ha le competenze tecniche, ha le idee, eppure non ne fa nulla.
E riguardo alla possibilità di creare qualcosa presso lo
Studio Ghibli?
Glielo ho già chiesto, e più volte.
Una volta Oshii l'ha definita "il capo del KGB sovietico".
Probabilmente non dev'essere facile lavorare con qualcuno così.
^_^ Non capisco cosa intenda, ma con questa presa di posizione
vuole farsi nemico lo Studio Ghibli! ^_^
A dire il vero ha detto anche che lo Studio Ghibli è il Cremlino.
Con Miyazaki come segretario generale, Takahata a capo del Partito, e lei a capo
del KGB, chiunque avrebbe paura.
E Oshii in particolare, che, nel fare i suoi film, non si lascia
controllare e intralciare da nessuno.
Oshii ha anche realizzato tra pellicole dal vivo, come Akai
megane [Akai megane è del 1987; gli altri due film non d'animazione di
Oshii sono Keruberosu – Jigoku no banken del 1991 e Talking Head del
1992; n.d.t.]. Qual è la sua opinione in proposito?
Non li ritengo interessanti. Nel cinema dal vivo, dove ci sono
gli attori, i fattori di cui tener conto, rispetto all'animazione, sono molti di
più, ma Oshii dà comunque la priorità al ragionamento logico e quindi le due cose,
il ragionamento e gli attori, si annullano a vicenda. L'animazione è semplice disegno
su carta, quindi ci si può mettere dentro quanto ragionamento si vuole, ma nel cinema
dal vero questo non funziona.
Anche Miyazaki, a modo suo, tende molto al ragionamento logico.
Per Miyazaki si può parlare di una logica per giustificare i
proprî delitti. Miyazaki prima decide il suo obiettivo e, in seguito, decide il
ragionamento logico con cui supportarlo. L'idea di Oshii è che, per cominciare un
film sia necessario negare il cinema che lo ha preceduto, e per questo spesso vengo
criticato da lui; ad esempio dice: "Suzuki continua a parlare ancora adesso della
recitazione di Sugimura Haruko [attrice attiva soprattutto negli anni '50 e ‘60],
ma questo non serve a niente". Eppure il cinema comprende anche una sensualità di
questo tipo. Quella per cui si viene folgorati dalla grande recitazione di certi
interpreti... e io credo che negando ciò il cinema non avrebbe senso. Perché il cinema
è fatto di cose concrete e reali.
Parlando con Oshii si ha l'impressione che sia un grande
amante del cinema e che sappia cosa vuol dire godere il cinema.
Probabilmente a Oshii non piacerà quel che sto per dire, ma
in un testo scritto è sufficiente scrivere che Cenerentola è la più bella del Mondo
perché Cenerentola diventi effettivamente la più bella. Ma per disegnarla come la
più bella, nel cinema, sono necessarî diversi espedienti. Io vorrei che Oshii riflettesse
un po' su questi punti. La mia sembrerà anche una "predica fatta a Buddha", ma è
anche riflettendoci che potrebbe cambiare il suo modo di fare cinema ["predica fatta
a Buddha", cioè insegnamenti fatti dal non specialista a chi non ne avrebbe bisogno;
n.d.t.].